Vincent Blok: Ernst Jünger’s Philosophy of Technology

Ernst Jünger’s Philosophy of Technology: Heidegger and the Poetics of the Anthropocene Book Cover Ernst Jünger’s Philosophy of Technology: Heidegger and the Poetics of the Anthropocene
Vincent Blok
Routledge
2017
Hardback £105.00
154

Reviewed by: Salvatore Spina (Università degli Studi di Messina/Albert Ludwigs University of Freiburg)

Il volume Ernst Jünger’s Philosophy of Technology. Heidegger and the Poetics of the Anthropocene di Vincent Block non è semplicemente uno studio sulla filosofia di Ernst Jünger e sull’influenza che questa ha avuto sul pensiero di Martin Heidegger. Naturalmente i presupposti teorici e le basi concettuali del lavoro di Block affondano le proprie radici nell’analisi dei testi fondamentali dei due autori in questione, ma nelle pagine del volume è possibile trovare molto di più; esso propone, per parafrasare l’espressione di Michel Foucault, un’ontologia dell’attualità. In maniera programmatica, proprio come incipit dell’introduzione al volume, scrive l’autore: «This book studies how Ernst Jünger – one of the greatest German authors of the twentieth century – envisioned the technological age we currently live in» (1).

In altri termini lo scopo dell’autore è di mostrare come l’armamentario filosofico utilizzato da Jünger nel secolo passato risulti, nonostante i cambiamenti storici, politici e sociali, ancora attuale per descrivere la nostra epoca che, mutatis mutandis, presenta le stesse caratteristiche descritte ne L’operaio. Epoca che ha come suo attore protagonista l’uomo della tecnica, la cui incidenza sulle trasformazioni del pianeta Terra è tale da determinare il passaggio ad una nuova era geologica: l’antropocene. Scrive l’autore: «The […] reason to study Jünger’s concept of the age of  technology is, therefore, that he provides concrete strategies and methods to envision the future. Furthermore, Jünger  is one of the first authors who conceptualize this future in terms of the anthropocene» (2).

Tuttavia Block non si limita semplicemente a proporre un’analisi dettagliata del pensiero di Jünger, al fine di mostrarne il carattere profetico e attuale. Nelle pagine dell’autore tedesco egli scorge, andando al di là dell’epocale interpretazione proposta da Heidegger, la possibilità di una considerazione non metafisica dell’essere e del linguaggio filosofico; concezione che, secondo Block, è affine al pensiero di Heidegger, dello Heidegger post-svolta, più di quanto quest’ultimo sia disposto ad ammettere.

La prima parte del volume presenta un’attenta disamina dei lavori jüngeriani degli anni Trenta. In particolar modo vengono presi in considerazione due testi capitali della riflessione del giovane Jünger: L’operaio e La mobilitazione totale.

Secondo l’interpretazione di Block la Grande Guerra, esperita in prima persona da Jünger nella battaglia di Lagemark e poi raccontata nelle pagine del testo Nelle tempeste d’acciaio, non è per il filosofo tedesco un semplice evento storico; essa è piuttosto il nome di un mutamento epocale, rappresenta cioè una vera e propria categoria filosofica. Nella Prima Guerra Mondiale avviene, secondo l’interpretazione di Jünger, un vero e proprio ‘scossone nell’ordine del mondo’, così da prospettare il declino tanto dei valori borghesi, che avevano retto l’ordine sociale della modernità, quanto delle categorie filosofiche di matrice platonica, che, nonostante vari mutamenti e correzioni, avevano lo scopo di fornire un senso al divenire. Scrive Block: «Total mobilization thus primarily has the effect of engendering ontological indifference, since every connection to the transcendent essence of thing is destroyed – Jünger also speaks of a “decrease of types” –  in favor of dynamization or potential energy» (11).

In altre parole, la Prima Guerra Mondiale funge da grimaldello per scardinare un ordine divenuto ormai vetusto che aveva edificato le proprie certezze intorno all’interpretazione dell’uomo come animal rationale. Distrutta ogni connessione con l’essenza, svincolata l’interpretazione dell’umanità dell’umano dall’attributo della razionalità (almeno così come questa è pensata nell’ambito della modernità), l’uomo nell’epoca della tecnica dispiegata è da considerare in relazione a criteri del tutto inediti: l’efficienza, la funzionalità, la riproducibilità.

Detto in maniera esplicita, dalla descrizione di Jünger emerge un nuovo tipo umano; inizialmente la sua forma viene associata a quella del guerriero, successivamente, e in maniera filosoficamente più pregnante, dagli anni Trenta in avanti questo nuovo tipo umano, svincolato dall’ordine che egli stesso contribuisce a distruggere con la propria azione, avrà la forma dell’operaio.

Partendo da queste considerazioni Block si muove seguendo due vettori ermeneutici fondamentali, che in qualche modo gli studi jüngeriani danno per acquisiti da qualche decennio. Da un lato emerge chiaramente il riferimento di Jünger alla filosofia di Nietzsche, tanto nell’interpretazione del proprio tempo come nichilismo, quanto nella declinazione della mobilitazione totale (forse accostabile all’attivismo di cui parlava Nietzsche) come trasformazione della vita in energia; dall’altro lato il pensiero di Jünger non viene affrontato semplicemente nella sua dimensione narrativa, poetica, descrittiva, bensì indagato nella sua radice squisitamente filosofica ed essenziale. Utilizzando il lessico heideggeriano, potremmo dire che Block mette in evidenza lo spessore ontologico delle analisi di Jünger, non limitando l’analisi all’indagine ontica che, in qualche modo, è largamente diffusa nelle pagine del filosofo di Wilflingen.

Nella seconda parte del testo Block presenta un confronto tra la filosofia di Jünger e quella di Martin Heidegger. Il grande merito del lavoro di Block è quello di non limitarsi ad analizzare i testi in cui avviene un confronto diretto tra i due autori sulla questione del nichilismo – Oltre la linea di Jünger e La questione dell’essere di Heidegger. Da un lato, Block analizza Essere e tempo e i testi di Heidegger degli anni Trenta a partire da una prospettiva inedita, ovvero la questione del lavoro; egli mostra come tra la visone jüngeriana e quella heideggeriana vi siano dei punti di contatto ma anche delle divergenze enormi che in qualche modo rimandano al contesto generale entro cui si svolge l’intera riflessione filosofica dei due autori.

Dall’altro lato, Block focalizza la propria attenzione sul volume 90 della Gesamtausgabe in cui Heidegger si confronta direttamente ed esplicitamente con Jünger e in particolar modo con il testo L’operaio. Il lavoro filosofico di Block si muove in due direzioni parallele, mostrando sia la centralità del lavoro ermeneutico di Heidegger per poter comprendere lo spessore ontologico del pensiero di Jünger sia la possibilità di un superamento dell’interpretazione heideggeriana in virtù di una considerazione diversa della riflessione dello stesso Jünger.

Il limite della prospettiva ermeneutica heideggeriana consisterebbe, secondo Block, nell’incapacità di comprendere fino in fondo la dimensione non metafisica della riflessione di Jünger; spinto dalla necessità di far rientrare ad ogni costo anche il pensiero jüngeriano nei limiti propri della metafisica occidentale, accostandolo in tal modo a Nietzsche, Heidegger avrebbe fornito, dunque, un’interpretazione parziale e per alcuni versi faziosa. Scrive l’autore: «It will become clear that Heidegger’s reception of Jünger is biased. Because he takes Jünger’s writings a priori as philosophical reflections in light of Nietzsche’s metaphysics of the will to power, Heidegger does not see that Jünger is under way to a non-metaphysical method to en vision the turning of Being, and to a non-metaphysical concept of language that is much closer to Heidegger’s than he would admit» (56).

Questa riconsiderazione del pensiero di Jünger in una prospettiva non nichilistica, al di là dell’orizzonte della storia della metafisica tracciata da Heidegger, viene condotta da Block – nella terza ed ultima parte del volume qui in esame – attraverso un’analisi del linguaggio e della poetica del pensiero di Jünger.

Come accennato in precedenza, in questo contesto il pensiero di Jünger presenta delle assonanze con la riflessione dello Heidegger post-svolta. Attraverso un’analisi puntuale del testo Al muro del tempo, Block ricava dall’opera jüngeriana una riconsiderazione fondamentale dell’essenza del linguaggio e del dire poetico, l’unico in grado di parlare realmente nell’epoca della ‘perfezione della tecnica’ in cui anche il linguaggio si riduce all’efficienza e alla funzionalità.

Nella poesia si realizza quel ‘passaggio al bosco’ che caratterizza la forma di resistenza propria nell’era del dominio incontrastato della tecnica; non una negazione dei caratteri propri della tecnica, ma un attraversamento poetante che in tal modo fornisce forme inedite di libertà. Scrive Block: «The freedom of the individual is to resist the threat of the perfection of technology and to find a way beyond the nihilist reduction and the perfection of technology, based on this individual freedom» (115).

In ultima istanza, al di là delle apparenti differenze terminologiche e contestuali, per Block risulta evidente come tanto per Jünger quanto per Heidegger l’unico modo di corrispondere all’Essere e al suo mistero nell’epoca del nichilismo dispiegato sia la poesia: «This Geheimnis of the gestalt makes clear that the new epoch of the worker is not a matter of observation but of poetry» (141).

Il volume di Vincent Block è un ottimo strumento per confrontarsi con una delle questioni fondamentali del Novecento, quella della tecnica, la cui onda lunga caratterizza il nostro tempo in maniera forse ancor più pregnante che in passato. La chiarezza espositiva, i riferimenti puntuali alla bibliografia primaria e secondaria lo rendono un segnavia essenziale, uno dei primi in lingua inglese, da un lato per comprendere la disamina filosofica della questione della tecnica e delle declinazioni che ne hanno dato Jünger e Heidegger, dall’altro per confrontarsi con le problematiche che danno forma al nostro oggi e ‘provocano’ la nostra storicità e il nostro essere nel mondo.

 

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