Eugenio Mazzarella: Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni Neri

Francesca Brencio

Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni Neri Book Cover Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni Neri
Eugenio Mazzarella
Neri Pozza
2018
Paperback €12.50
110

Reviewed by: Francesca Brencio (University of Seville, Spain / The Phenomenology and Mental Health Network, St. Catherine College, University of Oxford, UK)

La querelle Heidegger e il nazionalsocialismo, più recentemente coniugata alla questione dell’antisemitismo, si ripropone ciclicamente nella storia della critica e più in generale degli studi heideggeriani. Ossessive – e anche noiose – ondate di antiheideggerismo si affacciano sul panorama letterario con la complicità sia di qualche pubblicazione inedita del filosofo di Meßkirch sia dei media, spesso inclini ad una forma di linciaggio intellettuale condita con i toni più accattivanti del sensazionalismo. Questo modo bizzarro di concepire la filosofia, e con essa la Bildung filosofica, finisce nei quotidiani e negli organi di diffusione pubblicitaria avallando un certo modo di pensare che fa della semplificazione la linea guida del nostro tempo. Che il prezzo da pagare per questa operazione sia la banalizzazione della filosofia in generale non lo si contabilizza nella società dello spettacolo: ciò che conta è “rinverdire il cartellone per un teatro filosofico, dove da qualche anno non entrava più nessuno” (Mazzarella 2018, p. 13).

La pubblicazione dei Quaderni Neri di Heidegger, cominciata nel 2014 ed ancora in corso per la casa editrice Klostermann di Francoforte sul Meno, si inserisce in questo cartellone in disuso. Il recente volume di Eugenio Mazzarella (del 2018 è la versione in lingua italiana, mentre del 2020 quella in lingua tedesca, pubblicata per la Ergon Verlag) ha il merito di fare ordine tra il noto, l’insostenibile e il nuovo. Il mondo nell’abisso è una sorta di fotografia nitida di tre ordini di problemi: in primo luogo, è l’istantanea disincantata della vicenda dell’uomo Heidegger di fronte agli eventi politici che abbracciano gli anni dal 1931 al 1946; in secondo luogo è un ritratto di un certo modo di concepire il dibattito filosofico su ‘Heidegger e il nazionalsocialismo’ superando ogni residuo ideologico del pro et contra; infine è un’istantanea attuale di quello che rimane il compito della filosofia oggi, cioè farsi engagement con la realtà e con il proprio tempo. Questo triplice ordine di problemi si interseca con l’intento di comprendere il nuovo, disvelare l’insostenibile ed archiviare il noto, in vista di quella che rimane, a mio avviso, la domanda più spinosa della filosofia heideggeriana: che ne è dell’essere?

Il libro consta di quattro capitoli, o se vogliamo di quattro sentieri, attraverso i quali incamminarsi verso la Seinsfrage per comprenderne la (mancata) ricaduta nella realtà e nella storia negli anni dei Quaderni Neri. Nel primo capitolo, Teatro filosofico. Un cartellone in disuso, Mazzarella ricostruisce le vicende dell’uomo Heidegger legate alla redazione degli appunti contenuti nelle Überlegungen e nelle Anmerkungen per sottolinearne “un disimpegno ontologico dalla realtà” (p. 15), quale conseguenza della delusione del rettorato e accettazione della “profezia dell’avanzare del deserto della modernità nella sua (auto)rovina” (p. 15). Delusione che si aggrava con la disillusione che il nazismo non ha nulla a che vedere con quella rivoluzione spirituale a cui egli aveva guardato come una nuova possibilità per lo “spirito tedesco”. Il disimpegno si fa apocalittico, ci dice Mazzarella, quando Heidegger è testimone degli eventi che muovono dal finire degli anni trenta sino allo scoppio del secondo conflitto mondiale: il nazionalsocialismo è un movimento barbarico fondato sulla politica del terrore che nulla ha a che vedere con “il coraggio inaudito della domanda dell’Essere” (p. 16), bensì manifesta la sua essenza attraverso quella macchinazione propria del calcolo tecnico che deriva dalla metafisica occidentale. Le baldanzose speranze del rettorato si scontrano con il terrore dei fatti; la frustrazione umana ed intellettuale dell’uomo Heidegger si manifesta nella frustrazione di pensiero che lo accompagnerà sino agli anni Cinquanta (pp. 17-18): solo allora egli potrà fare esperienza di una riconciliazione con il mondo per mezzo di Hölderlin, di Hebel, dell’arte e dei Greci. Nel teatro filosofico che offre interpretazioni pro et contra Heidegger, Mazzarella distingue con lucido distacco e sapiente perizia, tipica di chi ha trascorso una buona parte della propria vita intellettuale in dialogo con le domande di Heidegger, fra il noto, cioè quelle interpretazioni che alimentano la scolastica heideggeriana sia sul versante dell’encomio sia su quello dell’oltraggio; l’insostenibile, cioè quelle esegesi che imputano ad Heidegger una qualche colpa del regime nazista e che vogliono scorgere nella sua meditazione una forma di “antisemitismo istoriale” insostenibile, le cui basi filologiche e filosofiche sono ai limiti dell’evanescenza (p. 47); e il nuovo, cioè la possibilità di intravedere nelle note private dei Quaderni una forma di gnosticismo per la quale la dissoluzione nichilista che ha coinvolto tutta la modernità e’ il risultato di un eone del presente (p. 14).

Il secondo capitolo, Arbeit macht frei, è dedicato all’approfondimento dei diciannove passaggi contenuti nei primi quattro volumi dei Quaderni (Gesamtausgabe 94-97) in cui Heidegger si riferisce al giudaismo e agli ebrei. Senza alcuna esitazione, Mazzarella sottolinea come Heidegger accolga con estrema superficialità molti dei cliché legati agli ebrei e tale “stupidità analogica” ha poco o niente a che fare “con un accodarsi all’antisemitismo nazionalsocialista” (p. 28). Piuttosto, Mazzarella insiste sul tratto nichilista che inghiotte sia il carattere ebraico che il cristianesimo: “L’opposizione di principio dell’onto-storia heideggeriana al ‘messianesimo’ (ebraico)-cristiano e’ fondamentalmente una scelta di campo per un’altra Germania (ed Europa) spirituale: non ‘per’ Cristianità ovvero Europa, come in Novalis, ma ‘tra’ cristianità, carattere ‘cristiano’ oppure Europa” (p. 30). Appropriandosi di quel tópos filologico già presente in Nietzsche, Heidegger concepisce una Europa sulla linea Grecia-Germania. Solo in questo modo è possibile oltrepassare la metafisica, cioè rompere con l’eredità giudaico-cristiana: è il tempo del salto dell’Essere, che va da Jena alla Jonia, saltando a piè pari Roma e Gerusalemme. Mazzarella smantella la semplificazione propagandistica di una certa ricezione dei Quaderni Neri non a suon di colpi di martello (per usare ancora un lessico nietzscheano), piuttosto con un fine scalpello filosofico: riscostruendo in pochi sapienti passaggi i nodi tematici della filosofia della storia, in dialogo con il retaggio hegeliano e diltheyano l’autore mostra come dietro alla dicotomia elemento ebraico-cristiano vs grecità’-germanicita’ ci sia un fine intreccio metafisico per il quale il cogito cartesiano diviene principio-io della posizione della coscienza cristiana come gia’ moderna. È l’epoca dell’immagine del mondo in cui il soggettivismo filosofico la fa da padrone. L’autoannientamento – parola chiave nell’ontologia heideggeriana – riguarda la ragione strumentale e tecnica dell’Occidente, che genera quella macchinazione mostruosa per la quale tutto il mondo si piega al dominio dell’impianto della tecnica. L’autoannientamento, la conseguenza più visibile della dimenticanza dell’essere da parte della metafisica occidentale, coinvolge la Germania e l’Europa tutta, e non consiste in quella guerra in cui perdono la vita milioni di persone, bensì “nel pólemos dell’Essere”. Il capitolo si chiude con delle parole che vale la pena riportare per intero: le considerazioni appuntate nelle Überlegungen e nelle Anmerkungen non aggiungono “niente alla comprensione che potevamo avere del suo (scilicet: di Heidegger) pensiero, e del corto circuito con la comprensione del suo tempo”; piuttosto, esse danno “il tocco finale alla pochezza dell’uomo comune, del piccolo borghese nazionalista (frustrato anche dal nazismo) che era” (p. 39).

Il terzo capitolo è dedicato alla presa di posizione di von Herrmann rispetto alla diffusione ad hoc dei passaggi in cui il giudaismo e gli ebrei sono nominati e mostra un Mazzarella incline ad accogliere la riflessione dell’ultimo assistente di Heidegger rispetto ad altri interpreti che hanno imbastito un processo mediatico e ideologico al filosofo di Meßkirch. Estremamente ricco è invece l’ultimo capitolo del libro, La crisi della domanda dell’Essere nei Quaderni Neri. Ancora una volta, l’autore si confronta con la Seinsfrage non più sul terreno dell’esistente, piuttosto su quello dell’“anatema gnostico del presente” (p. 56) e di una nuova ripresa, il nuovo inizio del pensiero che si fa Besinnung. Mazzarella entra nella crisi della domanda dell’essere individuando quattro direzioni attraverso le quali essa si tra-duce: la prima è quella della crisi dell’autenticità dell’esistente, del singolo contro il mondo, della chiacchiera contro il se stesso; dell’individuo contro la massa. La seconda è quella dei poeti, i necessari e gli ultimi. La figura del poeta – custode, vate e traghettatore della storia – è l’elemento chiave per comprendere un’architettonica della domanda fondamentale che si traduce nella necessità dei poeti in tempo di povertà, tema questo a cui Mazzarella ha più di recente dedicato un lavoro a sé, una piccola gemma del dialogo fra Heidegger e Hölderlin, ma anche di quello fra il filosofo napoletano e Giacomo Leopardi[1]. La terza direzione è quella dei pensatori greci, dei presocratici, i primi, coloro che sono “oltre l’uomo filosofico” (p. 67) e prima dello slittamento ontologico dell’essere sul terreno dell’onticita’. Attraverso i pensatori iniziali Heidegger puo’ mostrare quella “fraternità del mondo nella sua radice” (p. 71) che permette all’abitare di essere non mera misura ma postura aperta e donante dell’esserci nel suo trovarsi “sotto la volta dell’edificio del mondo” (Hebel). Infine, la quarta direzione è quella della meditazione sulla tecnica e sulla macchinazione, sul dominio planetario del Gestell. Nelle ultimissime pagine della sua riflessione sui Quaderni Neri Mazzarella ritorna sul tema che in filigrana compare nel primo capitolo: la dimensione gnostica del pensiero heideggeriano, una gnosi “della malaessenza dello stare al mondo”, che si traduce “nella catastrofe purificatrice dei tempi, mentre si attende una nuova specie umana ontologica, capace dell’Essere” (p. 78). Una sorta di “parodia paolina” che genera un “abbuiamento della domanda sull’Essere” (p. 79), una gnosi che negli anni dei Quaderni “passa dal mito del mondo nuovo […] a un radicale anticosmismo” (p. 79-80), in cui il mondo non è piu’ il kósmos venerabile della gnosi antica. Sarà solo alla fine di questo abbuiamento, dice l’autore, che si potrà cogliere nel pensiero di Heidegger un tentativo di riannodare il piano dell’ontologia con quello dell’esistenza e veder ripristinato il dialogo fra uomo ed essere.

Sul fine degli anni ottanta Jean Baudrillard aveva affidato alle pagine de “L’espresso” delle riflessioni significative dello stato di salute della filosofia: “L’inutile zuffa intorno ad Heidegger non ha alcun senso filosofico: è solo sintomatica del pensiero di quest’epoca che, non riuscendo a trovare in sé energie nuove, torna ossessivamente sulle sue origini, e rivive dolorosamente, in questo ultimo scorcio del Novecento, le scene primarie dell’inizio del secolo”[2]. Le riflessioni di Eugenio Mazzarella sembrano riprendere ed espandere quelle di Baudrillard. Anch’egli prende atto di come l’ennesima zuffa intorno ad Heidegger non abbia alcun senso filosofico (o, ammesso che ce l’abbia, vada rubricato al lemma di ciò che è noto) ma si spinge un passo più innanzi rispetto alla diagnosi del filosofo francese, indicando al pensiero un compito ed una direzione: prendere seriamente la realtà e la storia, evitando ogni tentazione di scendere a patti con la banalizzazione o la semplificazione della filosofia. La filosofia è una pratica di resistenza, cioè una pratica in cui occorre imparare a stare nel pensiero, come esseri umani e nel nostro tempo. Questo Mazzarella ce lo aveva gia’ detto[3] e con il più recente lavoro sui Quaderni Neri ce lo ricorda, a partire dalla vicenda dell’uomo Heidegger. Nel cortocircuito fra la vita e il pensiero negli anni delle Überlegungen e delle Anmerkungen, Mazzarella ci offre il ritratto di un uomo incapace di esercitare questa pratica, mostrando come anche un gigante del Novecento possa aver abdicato a tale compito.

La lettura del Il mondo nell’abisso fa tornare alla mente le parole della Arendt:  niente è più problematico nella nostra epoca del nostro atteggiamento verso il mondo[4]. Il mondo sta tra le persone e proprio questo zwischen rende necessaria la filosofia. Quando il pensiero si smarrisce nel buio, quando sul mondo scende una qualche forma di oscurità, quando le relazioni interpersonali diventano incerte quel tra è pratica incarnata “di vita che si prende addosso la vita”  (Mazzarella 2017, p. 7). Solo in questo modo possiamo attingere a quella fraternità del mondo nella sua radice che permette di riscattare il mondo dal dolore e forse anche dal suo abisso.


[1] E. Mazzarella. 2020. Perché i poeti. La parola necessaria. Neri Pozza: Vicenza.

[2] J. Baudrillard. 1988. Forza, aboliamo il novecento. La truffa dei processi postumi. In “L’Espresso”, 24 aprile 1988.

[3] E. Mazzarella. 2017. L’uomo che deve rimanere. La smoralizzazione del mondo. Quodlibet: Macerata.

[4] H. Arendt. 2006. L’umanità in tempi bui. Riflessioni su Lessing. In Antologia, Feltrinelli, Milano, p. 211.

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